24 gennaio 2012
Gina Kolata per il New York Times
Meno del 10% delle persone, cui viene diagnosticato un tumore alla prostata allo stadio iniziale e che possono scegliere di non intervenire sottoponendosi poi a controlli periodici, decidono di fare così. Le altre persone vogliono liberarsi del tumore il più presto possibile con radioterapia o con intervento chirurgico. Ma questi trattamenti possono avere effetti collaterali seri come l’impotenza e l’incontinenza.
Adesso un nuovo studio suggerisce che potrebbe essere possibile rallentare o anche arrestare la crescita del tumore per chi decide di non intervenire immediatamente.
Lo studio, pubblicato a gennaio su Lancet (doi:10.1016/S0140-6736(11)61619 - trial REDEEM - Reduction with Dutasteride of Clinical Progression Events in Expectant Management – sponsorizzato dalla GlaxoSmithKline), è basato sull’uso del Dutasteride un farmaco impiegato per ridurre le dimensioni della prostata quando aumentano con l’età. Due studi precedenti suggerivano che il Dutasteride e un farmaco simile il Finasteride potevano essere usati per prevenire il tumore alla prostata, ma la FDA (Food and Drug Administration - l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) ha respinto la richiesta di consentire la vendita di questi farmaci come prevenzione del tumore in quanto sussistono dei dubbi sul fatto che questi farmaci sono una valida prevenzione per i tumori allo stadio iniziale, ma possono accelerare la crescita dei tumori in stadi più avanzati.
Nel nuovo studio, condotto dal dr. Neil E. Fleshner dell’Università di Toronto, a pazienti con il tumore allo stadio iniziale è stato somministrato in maniera casuale il farmaco oppure un placebo, tenendoli sotto controllo, senza altre terapie, con la così detta “sorveglianza attiva”. Dopo tre anni il tumore era progredito in 54 pazienti del gruppo Dutasteride pari al 38% e 70 nel gruppo del placebo pari a 48%.
Ma lo studio aveva dei limiti, perché rivolto a pochi pazienti e un arco temporale di tre anni è troppo breve per valutare un tumore che tende a progredire in molti anni. E anche se i pazienti e i loro medici non sapevano a chi era somministrato il dutasteride e a chi il placebo, era molto facile scoprirlo. Il Dutasteride dimezza i valori del PSA (antigene specifico della prostata) e il test del PSA fa parte della “sorveglianza attiva” ed è il modo in cui la maggior parte delle persone scoprono di avere il tumore alla prostata.
La prova che il dunasteride può rallentare o addirittura bloccare la crescita del tumore alla prostata viene dalle biopsie effettuate sui pazienti dello studio. Nelle biopsie dei pazienti che prendevano il dunasteride era meno probabile trovare celle tumorali rispetto alle biopsie di che prendeva il placebo. Secondo il dr. Thompson, esperto in tumori alla prostata all’Università del Texas a San Antonio e che non ha partecipato allo studio, questo risultato è in linea con i risultati di altri studi precedenti che indicavano che il dunasteride poteva prevenire il tumore.
Questo studio potenzialmente riguarda 100.000 pazienti all’anno o anche di più – dice Thompson – e per quelli tra noi che trattano questa malattia è un grande risultato. Naturalmente, altri medici sono più prudenti.
Il dr. Albertsen, esperto di tumori alla prostata all’Università del Connecticut, che anche non ha partecipato allo studio, dice che l’effetto del dutasteride sui livelli di PSA potrebbe essere utile. Potrebbe, infatti, far sì che i pazienti che prendono il dutasteride non si preoccupano della crescita del tumore e evitano biopsie di controllo. Dice sempre il dr. Albertsen – più spesso si fanno le biopsie, più è probabile trovare un motivo per dire che la malattia è progredita e la sorveglianza attiva significa che seguiamo il paziente finché lui o il suo medico non hanno paura che la malattia è progredita.
Tuttavia, il dr. Albertsen teme che l’uso del dutasteride possa aumentare i tumori pericolosi e mortali, il che raffredda il suo entusiasmo per la medicina.
In un editoriale, il dr. Parker del Royal Marsden, un centro per i tumori di Londra, ha espresso una preoccupazione analoga. Il problema, dice, è uno screening estensivo con il test del PSA, che porta un americano su cinque a una diagnosi di tumore alla prostata. La soluzione, dice il dr. Parker, è non solo di cercare di evitare di curare i tumori a basso rischio, ma anche riuscire a evitare di diagnosticarli.
Nel frattempo, ha scritto, che il dutasteride non può essere considerato di supporto alla sorveglianza attiva.