Nel corso dei secoli alcune persone hanno deciso per il bene comune di non piegarsi alle regole del loro tempo. Pensiamo a Copernico,a Gandhi ed a Martin Luther King che con la loro disobbedienza hanno permesso l’evolversi della nostra civiltà. Per questo motivo il Massachusetts Institute of Technology ha deciso di istituire il Disobedience Award.
"Per cambiare il mondo bisogna infrangere le regole", ha spiegato l'ideatore Joi Ito, a capo del Mit Media Lab. Partendo da questo assunto hanno deciso di premiare con 250mila dollari una persona o un gruppo che, mettendo in pratica una "disobbedienza costruttiva", ha portato un impatto sociale positivo. Il premio è aperto a diverse discipline, dalla ricerca scientifica all'innovazione tecnologica, dai diritti civili alla libertà di parola, e sarà finanziata da Reid Hoffman, co-fondatore e Ceo di Linkedin.
Forse il nostro paese avrebbe bisogno di persone o associazioni che per raggiungere un obiettivo provino ad andare contro le regole. Vi domanderete che cosa c'entra il premio istituito dal Mit con l'assistenza agli anziani. Lo capirete leggendo quanto riportato qualche giorno fa dalla Stampa.
"«Quando qui al pronto soccorso trattiamo i casi meno gravi all’inizio ci scambiano per dottori poi, quando vedono la fascetta azzurra da infermiere che ci distingue dai medici dicono: tanto fa lo stesso». Marco Ruggeri è uno dei tanti super-infermieri, che soprattutto al Centro-Nord lavorano in servizi di assistenza una volta monopolio dei medici.
In Piemonte, Lombardia e un po’ anche in Campania e Molise esiste l’infermiere di famiglia, che bussa alle porte di anziani, malati cronici, disabili e donne fresche di parto per verificare che controlli e terapie vengano effettuati nei tempi e nei modi giusti. Ma anche per attivare quella rete di volontariato che poi serve a cose pratiche, come portare la spesa, o accompagnare a fare una visita chi non ce la fa. A macchia di leopardo un po’ in tutta Italia sfrecciano le ambulanze con a bordo soli infermieri, che accorrono quando si sa che la chiamata non richiede nell’immediato l’intervento del medico. Così, nei casi meno gravi, si garantisce che un aiuto comunque arrivi.
Naturalmente contro queste esperienze sono state innalzate le barricate, infatti l’Ordine dei medici dell’Emilia Romagna ha sospeso un direttore sanitario e nove dottori, «colpevoli» di «aver attribuito alcuni atti medici agli infermieri». Atto di lesa maestà, per i medici che ci tengono a restare nel gradino più alto del podio. Alcuni loro colleghi, che di questi servizi sperimentali hanno tastato con mano i vantaggi, preferiscono lavorare in tandem con gli infermieri che sono oramai ultra-specializzati, visto che ai tre anni per la laurea se ne aggiungono due di specializzazione e altrettanti di master universitari.”
Vediamo ora cosa accade in altri paesi facendo riferimento a due articoli che descrivono alcuni servizi di assistenza territoriale presenti fuori dall’Italia e gestiti solo da infermieri. La prima esperienza riguarda gli Stati Uniti d'America e fa riferimento a un articolo uscito nel 2012 sul New York Times dove si affrontava il problema della gestione a domicilio dei pazienti anziani affetti da patologie croniche. Nel 2012 negli USA esistevano circa 250 centri sanitari gestiti completamente da infermieri che hanno acquisito un master con due o tre anni di formazione avanzata nella diagnosi e nel trattamento delle malattie croniche. In alcuni Stati gli infermieri offrono assistenza primaria e talvolta possono addirittura prescrivere i farmaci anche se in altre realtà è obbligatoria comunque la richiesta di un medico. In tutti casi questi infermieri, in caso di necessità, fanno sempre riferimento a medici specialisti o agli ospedali . Questa nuova forma di assistenza è nata in seguito ad una grave carenza di medici di base dovuta all’invecchiamento della popolazione e per l’aumento delle malattie croniche che ha comportato un aumento nella una richiesta di servizi sanitari sul territorio. Secondo l’ articolo del New York Times nel 2020 in America mancheranno circa 45.000 medici per l'assistenza primaria ed è quindi necessario trovare soluzioni alternative efficaci.
La situazione in Italia è sicuramente differente, ma il ruolo di un medico di assistenza primaria è simile in qualsiasi paese sviluppato dove diventa prioritario il coordinamento per la cura del paziente cercando di educarlo a una maggiore attività fisica ed ad una migliore alimentazione, anche se i problemi maggiori si presentano di fronte a pazienti che presentano problematiche sociali ed economiche. Questi ultimi, rispetto ai pazienti più ricchi, tendono ad avere malattie più gravi, in una fase più avanzata e meno risorse per potere ottenere un'assistenza ed una cura migliore. Inoltre, essendo meno istruiti tendono avere un livello più basso di comprensione ed adeguamento alle terapie consigliate dai medici. La risposta naturale a queste difficoltà è stata l'attivazione di un programma di gestione infermieristica di questi pazienti in quanto gli infermieri sono naturalmente addestrati ad ascoltare e comunque a considerare tutti gli aspetti di un malato non soltanto quelli prettamente medici . Secondo alcuni dati, negli Stati Uniti di America, mediamente il tempo di una visita medica è di circa 15 minuti, questo perché i medici vengono pagati in base al numero di pazienti che visitano e al numero di trattamenti che prescrivono. Quindi qualsiasi tentativo che miri alla educazione del paziente diventa difficile da raggiungere nell’arco di pochi minuti. Il rimborso del medico non prevede il tempo necessario per poter parlare col paziente. Gli infermieri invece, con un regolare salario, hanno la possibilità di offrire tempo, attenzione ed ascolto per i pazienti più complessi soprattutto alla prima visita.
La maggior parte degli infermieri sono interessati ad approfondire gli aspetti sociali ed economici del paziente e tutto gli aspetti della vita che potrebbe condizionare il percorso di malattia.
Negli Stati Uniti di America, in una revisione di 118 pubblicazioni effettuate nell'arco di 18 anni, inerenti la gestione infermieristica dell'assistenza sanitaria, è stato visto che i risultati e la soddisfazione dei pazienti erano equivalenti nel gruppo dei malati assistiti dalla sola gestione infermieristica rispetto a quelli osservati nella tradizionale forma di assistenza, con un evidente risparmio dal punto di vista economico per il primo gruppo, in quanto è noto che gli ambulatori gestiti da infermieri presentano costi inferiori rispetto alle tradizionali forme di assistenza. È evidente che il maggior vantaggio finanziario è dovuto alla possibilità di offrire ai pazienti un'alternativa al pronto soccorso, in quanto il costo di una giornata di assistenza domiciliare è sicuramente inferiore al costo giornaliero di un ricovero.
Per un maggiore approfondimento di quanto stia avvenendo negli Stati Uniti d'America rimandiamo all'articolo originario del New York Times.
Vediamo ora sempre su questo argomento il modello di assistenza domiciliare comparso in Olanda nel 2006 e denominato Assistenza Buurtzorg. Il modello è stato creato da un piccolo gruppo di infermieri i professionali che si dichiaravano insoddisfatti delle prestazioni offerte dalle cure sanitarie tradizionali nel loro paese. Insieme hanno deciso di creare un nuovo modello di assistenza focalizzata sui bisogni dei pazienti e mirato ad agevolare e mantenere l'autonomia di ogni individuo il più lungo possibile. Secondo questo modello, l'infermiere della comunità assume un ruolo centrale con un approccio di squadra mirato a potenziare ed educare il paziente stesso nel percorso di malattia. In questo approccio l’unione tra il gruppo di infermieri e dei singoli malati mira a trovare una soluzione a ogni bisogno evidenziato nel corso dell'assistenza domiciliare e molte di queste soluzioni si possono trovare all'interno della comunità dove vive il malato. Questa sperimentazione, iniziata con una squadra di soli quattro infermieri nel 2006, è cresciuta fino a raggiungere il numero di 8000 infermieri nel 2014, ed è stata copiata in paesi come la Svezia il Giappone gli Stati Uniti e il Canada. In base ad una valutazione internazionale nel 2010, con questo modello si riscontra un risparmio economico in seguito alla riduzione delle ore di assistenza di circa il 50%, con un miglioramento della qualità delle cure ed una grande soddisfazione da parte dei pazienti e del personale coinvolto nell'assistenza. In pratica il programma consente agli infermieri di fornire tutte le cure di cui pazienti hanno bisogno rivolgendosi al medico di famiglia o allo specialista tutte le volte che lo reputano opportuno.
Questo modello, strutturato in modo simile ad un organizzazione non profit, propone una missione sociale, si basa sull'obiettivo di cambiare e migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria a domicilio con la collaborazione dell'infermiere di comunità che permette all'individuo di ricevere il tipo di cure di cui necessita evitando quindi il ricorso all'assistenza in ricovero evidentemente più costosa.
Questo modello permette di trovare le migliori soluzioni per promuovere l'indipendenza e la qualità della vita e permette agli infermieri in completa autonomia di praticare e di offrire servizi con un alto livello di formazione. Questi infermieri si concentrano non solo sulle esigenze attuali, ma hanno una forte attenzione alla prevenzione dei problemi futuri dei loro assistiti. Gli infermieri sono supportati da un'organizzazione molto semplice, snella, affiancata da una moderna tecnologia per facilitare la diffusione di informazioni in tempo reale in modo da ridurre al minimo il carico amministrativo.
Anche in Italia la comparsa dell'articolo sulla Stampa sulla gestione di servizi territoriali infermieristici ha provocato una reazione da parte dei medici che vedono in questo cambiamento una “perdita di potere”. Ma è forse arrivato il momento di provare ad andare contro le regole. Il costo delle patologie croniche e l’invecchiamento della popolazione ci obbliga a trovare velocemente soluzioni nuove, efficaci ed economicamente sostenibili. Nonostante la complessità del problema non è vero che non esistono soluzioni alternative e comunque basterebbe osservare che cosa viene in altri paesi provare a copiare alcuni di questi programmi invece di continuare a pensare che le tradizionali forme di assistenza siano efficaci nel modificare una situazione della sanità affetta da una grave crisi non solo economica ma anche di risultati a favore dei pazienti.
Molte volte i nostri amministratori o comunque coloro che sono deputati a decidere sui vari programmi di assistenza, sembrano non conoscere o ignorare esperienze attive in altri paesi che potrebbero essere copiate ed implementate in alcune situazioni per valutare la fattibilità di questi modelli.
È più probabile che in Italia un candidato per il Disobedience Award del MIT possa essere trovato in futuro presso Enti non profit o esperienze che sorgano dal basso e che con lo scopo di raggiungere un obiettivo sociale, provino ad attivare modalità di assistenza nuove anche se dovranno infrangere alcune regole per raggiungere i loro scopi.
Bibliografia