La US Task Force per i Servizi preventivi (USPSTF) dice no allo screening per il tumore alla prostata negli uomini in buona salute.
Gardiner Harris
New York Times
6.10.2011
Gli uomini in buona salute non dovrebbero sottoporsi al test PSA per effettuare lo screening per il tumore alla prostata perché il test non salva la vita e invece molte volte porta a altri test e trattamenti che senza nessun vantaggio provocano dolore, impotenza e incontinenza in molti pazienti.
La bozza di raccomandazione stesa dalla US Preventive Service Task Force (USPSTF) e che sarà rilasciata ufficialmente nei prossimi giorni si basa sui risultati di 5 trial clinici ben controllati e potrebbe sostanzialmente cambiare le cure per gli uomini over 50. Ci sono 44 milioni di uomini over 50 negli USA e 33 milioni di questi hanno già fatto un test PSA, magari a loro insaputa durante un controllo di routine.
Le raccomandazioni sono in genere seguite dalla maggior parte dei medici. Due anni fa la Task Force ha raccomandato alle donne di 4° anni di non effettuare screening con mammografia per il tumore al seno e ha provocato una tempesta di critiche. Questa raccomandazione sullo screening con il PSA è ancora più forte e si applica agli uomini di tutte le età.
Il punto è che il PSA non valuta l’aggressività del tumore e non è in grado di predire se il tumore colpirà o meno durante la vita del paziente.
I difensori dei malati di tumore promettono, comunque, di combattere la raccomandazione. Il giocatore di baseball Joe Torre, il finanziere Michael Milken e Rudolph W. Giuliani, già sindaco di New York, sono tra le decine di migliaia di uomini che ritengono che lo screening con il PSA gli ha salvato la vita.
La Task Force può anche aspettarsi critiche da parte di alcuni produttori di medicine e di alcuni medici, perché le cure per gli uomini con elevato PSA sono diventate molto lucrative. Alcuni rappresentanti del congresso hanno criticato le decisioni precedenti in quanto volte solo a una razionalizzazione, sebbene la Task Force non consideri i costi nelle proprie raccomandazioni.
Le associazioni dei malati sono molto critiche in quanto, affermano, che il PSA è il miglior test disponibile e la raccomandazione non può essere semplicemente di non farlo.
Ma questo è proprio quello che la raccomandazione dice. Non c’è nessuna prova che una esplorazione rettale o un esame con gli ultrasuoni siano più efficaci. La frequenza e l’urgenza di orinare non sono indicatori validi perché in generale hanno una causa benigna.
Il PSA, che viene effettuato di routine su tutti gli uomini over 50, misura la presenza di una proteina che viene rilasciata dalle cellule della prostata e non c’è dubbio che è di aiuto nell’individuare la presenza di cellule tumorali nella prostata. Ma la larga maggioranza degli uomini con queste cellule non soffriranno mai degli effetti negativi del tumore, perché il loro tumore generalmente progredisce molto lentamente. E anche per quelli con tumori molto aggressivi potrebbero non esserci benefici legati al test di routine perché non c’è nessuna evidenza che per questi tumori la diagnosi precoce migliori la prognosi.
Con l’aumento della popolarità del test PSA sono diventate evidenti anche le conseguenze negative delle biopsie e dei trattamenti correlati. Dal 1986 al 2005 un milione di uomini, che se non avesse effettuato un PSA di routine non avrebbe fatto nulla, ha avuto interventi chirurgici o radioterapie o entrambi. Di questi almeno 5.000 sono morti subito dopo l’intervento chirurgico e tra 10.000 e 70.000 hanno avuto gravi complicazioni. Una metà ha avuto presenza di sangue nello sperma e tra i 200.000 e i 300.000 hanno sofferto di impotenza o di incontinenza o di entrambe. Come conseguenza, Richard J. Ablin, che nel 1970 ha scoperto un antigene specifico per la prostata, ha definito che la suo uso diffuso è un “pubblico disastro per la salute”.
Un uomo su sei negli USA risulta avere un tumore alla prostata, che è la seconda forma tumorale per diffusione dopo il tumore della pelle. Si stima che circa 32.000 uomini sono morti per tumore alla prostata l’anno scorso e che 218.000 hanno avuto una diagnosi di tumore. La malattia è rara prima dei 50 anni e la maggior parte dei decessi avviene dopo i 75 anni.
Non sapere cosa avviene della propria prostata potrebbe essere la soluzione migliore visto che nessuno si sente tranquillo sapendo che uno dei suoi organi è affetto da tumore. Gli studi effettuati sulle autopsie mostrano che un terzo degli uomini tra 40 e 60 anni hanno un tumore alla prostata, percentuale che sale ai tre quarti per quelli over 85.
Il test PSA è molto diffuso tra gli uomini con 70 anni o più ed in questo gruppo che particolarmente pericoloso perché normalmente gli uomini hanno cellule tumorali nella prostata ma traggono pochissimi benefici da chirurgia e radiazioni. Alcuni dottori trattano i loro pazienti con PSA alta con medicine che bloccano gli ormoni maschili sebbene non vi siano prove sull’efficacia di questa terapia che però spesso comporta impotenza, aumento del seno, vampate.
Sono stati fatti due trial uno in Europa e uno in USA e, secondo la raccomandazione della task force, entrambi dimostrano che se c’è qualche beneficio è veramente minimo dopo 10 anni.
Il trial in Europa è stato effettuato su 182.000 uomini di paesi diversi. I risultati mostrano che complessivamente non si riscontra una diminuzione della mortalità in 9 anni di follow-up. Ma nella fascia di età da 55 a 69 anni si è evidenziato un miglioramento molto piccolo nella mortalità. Il trial in USA non ha evidenziato diminuzioni di mortalità in 10 anni di follow-up.
Un esperto di tumori alla prostata, il dr. Klein della Clinica di Cleveland, dice di non essere d’accordo con la raccomandazione della task force e sostiene, riferendosi al trial in Europa, che ci sono prove sufficienti che mostrano che negli uomini più giovani, con meno di 65 anni, lo screening salva vite umane.
La raccomandazione si applica solo a uomini in buona salute e non si è valutato se il test è utile per gli uomini che hanno già sintomi sospetti o che sono già in cura.
In generale le raccomandazioni della task force influenzano il programma di salute pubblica Medicare e anche le assicurazioni private. Ma in questo caso esiste negli USA una legislazione che impone a Medicare di pagare per il test del PSA.
D’altro canto anche per le mammografie, Medicare paga per le donne di 40 anni (40-49) nonostante il parere contrario della task force.
Il presidente del National Institute for Health and Clinical Excellence in UK racconta di avere subito a sua insaputa un test PSA e quindi una biopsia risultata poi negativa. Ma se si fosse trovato un tumore, avrebbe dovuto scegliere tra intervento chirurgico o attesa vigile con successivi test e, quindi, ha deciso di non fare più il test.
Viceversa uno dei portavoce della Prostate Cancer Foundation, associazione che difende la diffusione del test, avendo avuto un risultato positivo al test, ha subito un intervento che ha evidenziato che il tumore era diffuso anche ai linfonodi e, dice, che il test gli ha salvato la vita.