Traduzione di un articolo del New York Times del 2 maggio 2011 dal titolo
Drumbeat of Nuclear Fallout Fear Doesn’t Resound With Experts
WILLIAM J. BROAD
Il disastro nucleare in Giappone ha generato onde di radiazioni e di paura in tutto il mondo, inducendo così tanta gente a comprare rivelatori di radiazioni e ioduro di potassio per evitare il tumore alla tiroide che i fornitori hanno rapidamente esaurito le scorte.
Gli esperti dicono che la paura non è giustificata. Gli scienziati infatti sostengono che la popolazione del Giappone vivente vicino all’impianto di Fukushima può avere motivo di preoccuparsi delle conseguenze delle perdite di materiale radioattivo e, in particolare, gli operai che lavoravano al reattore possono ammalarsi. Ma al di fuori del Giappone, l’aumento di radioattività è basso, in paragone con le altre numerose sorgenti di radiazioni passate e presenti.
Gli esperti sostengono che gli esseri umani sono bombardati da così tante radiazioni provenienti da così tante sorgenti, incluse molte fonti naturali, che l’incremento dovuto all’incidente in Giappone non rappresenta un motivo di preoccupazione se si considera il quadro complessivo.
Questo punto di vista considera una popolazione umana e un ambiente globale nel quale l’esposizione alle radiazioni è costante e significativo. Per esempio la popolazione mondiale è stata esposta alle radiazioni di centinaia di esperimenti con esplosione di bombe nucleari nell’atmosfera durante la guerra fredda. Quotidianamente i pazienti decidono di sottoporsi a dosi regolari di radiazioni per milioni di radiografie e di TAC. Negli oceani migliaia di fusti in decomposizione contenenti scorie nucleari rappresentano un pericolo molto maggiore rispetto alla quantità relativamente piccola di acqua radioattiva scaricata dall’impianto di Fukushima. Inoltre, aggiungono gli esperti, le radiazioni da rocce, raggi cosmici e altre fonti naturali rappresentano il fattore più rilevante di tutti – molto superiore rispetto tutte le emissioni provocate dall’uomo, incluso l’aumento attuale dovuto ai reattori danneggiati di Fukushima.
“L’effetto dell’incidente è trascurabile come contributo alla dose complessiva di radiazioni cui è sottoposta la popolazione mondiale” afferma Frank von Hippel professore alla Università di Princeton e già consigliere dell’amministrazione Clinton. Ma la paura delle radiazioni è diversa. “In qualche modo” dice von Hippel “ gli eventi in materia nucleare sono bollati in funzione del rischio statistico”
Dopo il disastro in Giappone dell’11 marzo, molti blog mettevano in guardia dall’omertà del governo per nascondere i pericoli delle radiazioni e i gruppi di interesse sociale si sono messi in allarme.
La dr.ssa Dewar, direttore esecutivo di Physician for Global Survival (Medici per la sopravvivenza globale), un gruppo che invoca l’abolizione delle armi nucleari, ha detto che a causa dell’incidente giapponese le future generazioni vivranno in un mondo con un fondo di radiazioni più elevato. “I vostri capelli non cadranno” ha detto in un’intervista sul Vancouver Sun, “ma ‘nessun pericolo immediato’ è un modo facile per l’industria nucleare di nascondere gli effetti a lungo termine”.
Anche a Washington si è diffuso il nervosismo e il 15 marzo, quattro giorni dopo l’inizio del disastro, il Surgeon General of the United States (capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned Corps e portavoce delle questioni di salute pubblica all'interno del governo federale) ha detto che per gli americani fare scorta di pillole di ioduro non era una reazione esagerata, ma una precauzione.
Due giorni dopo il suo ufficio ha fatto una rapida marcia indietro quando il Presidente Obama ha dichiarato che gli americani non avevano bisogno di prendere misure cautelative.
“La maggior parte delle persone non gestisce in maniera corretta i rischi” ha dichiarato in una intervista il prof. Mettler dell’Università del New Mexico, rappresentante degli USA al panel dell’ONU sulla valutazione delle radiazioni. “Non conoscono la dimensione della sorgente e quindi non sanno come considerare i rischi in prospettiva”.
Il gergo tecnico non aiuta. Le radiazioni sono misurate con unità di misura poco comprensibili e cambiano significativamente in funzione della potenza della sorgente e se l’unità di misura caratterizza la radiazione in sé oppure l’interazione tra radiazione e corpo umano. Le sorgenti radioattive emettono curie o bequerel, ma l’effetto sul corpo umano è misurato in siviert o rem (Röntgen equivalent man ovvero Radiazione equivalente per l’uomo – proprio così!).
Dato che le informazioni possono sembrare caotiche o incomplete, la gente basa la propria percezione del rischio atomico su un instabile mix di istinti e notizie sensazionali.
“Il rischio è come una sensazione” ha detto Paul Slovic, pioniere di Psicologia nucleare all’Università dell’Oregon. “è una reazione rapida e istintiva spesso scatenata da una immagine” specialmente quelle di film e televisione.
Il prof. Mettler dice “I bambini negli USA sono inondati di sciocchezze in televisione da quando hanno sei mesi”. “I personaggi dei cartoni animati come l’incredibile Hulk, Spiderman o i Simpson, che subiscono tutti effetti di radiazioni scientificamente impossibili, ma di grande effetto teatrale, tendono a rappresentare per la maggior parte della nazione le uniche lezioni di biologia nucleare”.
Slovic cita le radiazioni ricevute per motivi medici come esempio della variabilità nella percezione dei rischi. Molti esperti, infatti, considerano che la gente ne assorbe una quantità potenzialmente pericolosa. Ma la gente vuole o deve sottoporsi agli esami medici e quindi la considera una tecnologia molto benefica. E di conseguenza il senso del rischio si riduce notevolmente.
Analogamente nei paesi dove gran parte della produzione elettrica è fatta con impianti nucleari la popolazione tende a considerare la tecnologia nucleare come benefica, mentre dove non c’è una situazione simile, il disastro in Giappone tende a far aumentare le preoccupazioni.
Nel 1955 l’Assemblea Generale dell’ONU ha deciso di costituire un comitato scientifico che regolarmente controlla e riferisce sui pericoli da radiazioni, rendendo possibile paragonare la dimensione di sorgenti diverse.
Durante la guerra fredda, per esempio, più di 500 esplosioni nucleari sperimentali hanno riempito l’atmosfera di materiali radioattivi potenzialmente mortali, alcuni dei quali ancora emettono radiazioni.
I dati dell’ONU quantificano il totale delle emissioni dovute agli esperimenti atomici in circa 70 miliardi di curie, mentre nel 1986 l’incidente di Chernobyl ha rilasciato scorie nucleari altamente letali per circa 100 milioni di curie.
Le fonti ufficiali giapponesi il 12 aprile hanno dichiarato che dall’impianto di Fukushima sono fuoriusciti materiali radioattivi per circa 10 milioni di curie. Nel 1979 l’incidente di Three Mile Island ha rilasciato circa 50 curie nell’ambiente circostante.
Un curie è la quantità di radiazioni prodotta da un grammo di radio e, in ogni materiale nucleare, è uguale alla disintegrazione di 37 miliardi di atomi al secondo. Un vecchio orologio con il quadrante fluorescente con 12 punti luminosi di radio emetteva circa 3 millesimi di curie.
Gli effetti sulla salute di esplosioni o incidenti sono difficili da valutare. Siccome si tende a valutare l’effetto di dosi basse su un elevato numero di persone, si utilizzano metodi statistici piuttosto che correlare direttamente causa e effetto.
Una ricerca del National Cancer Institute degli USA ha calcolato statisticamente che l’effetto dovuto agli esperimenti nucleari, se proiettato sull’intera vita dei cittadini, è stimabile in un incremento di 11.000 morti per tumori che, se paragonato con il valore normale di 40 milioni di morti per tumore risulta una percentuale molto bassa.
Inoltre il National Cancer Institute ha dichiarato che è troppo presto per analizzare l’incidente giapponese in quanto il quadro non è ancora completo; ma, tenendo in conto la relativamente bassa dose di radiazioni emesse e le precauzioni prese dal governo giapponese per evacuare la zona del disastro, il risultato sarà probabilmente un lieve aumento dei casi di tumore.
Inoltre gli esperti dicono che la minaccia per il popolo giapponese è probabilmente bassa perché, al contrario di Chernobyl e degli esperimenti durante la guerra fredda, i venti hanno spinto la maggior parte delle radiazioni verso il mare.
L’oceano ha ricevuto molte radiazioni negli ultimi decenni. Dal 1946 al 1994, anno in cui questa pratica è stata proibita, molti governi di tutto il mondo hanno depositato in mare migliaia di fusti pieni di scorie radioattive, reattori e anche sommergibili in disuso.
Gli scienziati stimano in totale 4 milioni di curie di materiali radioattivi con l’ex Unione Sovietica largamente in testa.
Il decadimento naturale dei materiali nucleari ha ridotto i rischi negli anni anche se la rottura dei fusti ha aumentato il rischio di contaminazione ambientale.
La Environmental Protection Agency ha trovato spugne con tracce già misurabili di Plutonio 239 e 240, materiali nucleari prodotti dall’uomo e che difficilmente si trovano in natura, che hanno un emivita di 24.360 e 6.560 anni rispettivamente.
Ma la popolazione umana, piuttosto della fauna e flora marina, di gran lunga assorbe la maggior parte delle radiazioni artificiali e nella maggior parte dei casi l’esposizione è intenzionale.
In base ai dati dell’ONU dal 1988 al 2008 in vent’anni il numero di esami radiologici è più che raddoppiato passando da 1,4 a 3,1 miliardi.
Per numerosi Paesi, si dice in un rapporto dell’ONU, per la prima volta le radiazioni da radiografie e TAC hanno superato il fondo naturale di radiazioni.