Il processo decisionale come percorso condiviso per lo screening del tumore della prostata.
Quando di fronte all’evidenza non è chiaro se i benefici di uno screening siano superiori agli eventuali rischi, nel processo decisionale su cosa fare è fondamentale che si prendono in considerazione i valori e le preferenze del singolo paziente. Da un punto di vista etico il coinvolgimento del paziente nelle varie fasi del processo decisionale deriva in parte dalla natura preventiva dello screening. Questo scenario, infatti, conferisce una grande responsabilità al medico, che deve sempre rispondere alla dottrina della primum non nocere tutte le volte che si interviene in situazioni dove il paziente è asintomatico.
Nel processo decisionale in corso dello screening di un cancro della prostata è opportuno che il paziente possa: 1) capire gli aspetti fondamentali di una neoplasia della prostata ed il ruolo dello screening; 2) capire le incertezze, i rischi e i potenziali benefici associati con i vari test e le opzioni, nel caso in cui uno non si sottoponga allo screening; 3) considerare le preferenze del paziente i suoi valori in per quanto riguarda lo screening; 4) scegliere un livello di partecipazione da parte del paziente nel processo decisionale che sia adeguato per i suoi valori e preferenze, ed infine 5) prendere o deferire una decisione in base ai valori alle preferenze del paziente stesso.
Data la natura del processo decisionale strettamente correlata con i valori in del paziente, nello screening del tumore della prostata il medico di riferimento ha un ruolo fondamentale nelle decisioni a favore o contro un eventuale test. L’aspetto fondamentale per il medico è di fornire le giuste informazioni sui benefici, i limiti e le possibili incertezze correlate allo screening di questo tumore. Infine perfino dopo un’adeguata informazione, alcuni pazienti desiderano avere un ruolo meno attivo e delegano la decisione per quanto riguarda lo screening al loro medico di fiducia. In questa situazione, sebbene sia opportuno fare ogni sforzo per coinvolgere il paziente direttamente nel processo decisionale, il medico a sua discrezione ed in base alla sua esperienza può consigliare o meno di effettuare lo screening, tenendo sempre presente le preferenze ed i valori del suo assistito.
Uno dei problemi che si presenta per i pazienti con oltre 65 anni di età consiste nella possibilità di effettuare lo screening comunque senza alcun costo economico in quanto offerto dal servizio sanitario nazionale. Per questo motivo si consiglia di non attivare programmi di screening diffusi a tutta la popolazione, ma di affidare al singolo medico di riferimento la decisione se effettuare o meno questo nei pazienti asintomatici e non a rischio.
Per concludere, nonostante l’abbondanza di dati raccolti a favore dell’impatto dello screening del tumore della prostata sulla morbilità e mortalità dovuta a questa neoplasia, vi sono ancora molte controversie per quanto riguarda il reale beneficio di questo screening. Sono stati eseguite due sperimentazioni randomizzate sullo screening del cancro della prostata con due differenti conclusioni, la prima evidenzia un chiaro beneficio nel ridurre la mortalità del cancro della prostata e l’altra invece che non evidenzia il suddetto beneficio. Sebbene esistano prove conflittuali per quanto riguarda lo screening del tumore della prostata e la conseguente riduzione del rischio di morire di questo tumore, è comunque chiaro che un qualsiasi beneficio si accompagna ad una percentuale significativa di diagnosi e trattamenti in eccesso, ed a danni dovuti ai trattamenti come verrà descritto nelle righe successive.
Le eventuali controindicazioni dello screening del cancro della prostata riguardano gli eventuali danni dovuti alla esplorazione rettale, al test del PSA, alla biopsia prostatica, ed al significativo numero di diagnosi in eccesso, mentre sono ormai noti i danni dovuti al trattamento del tumore della prostata dopo una biopsia positiva ovvero quelli dovuti alle varie terapie specifiche.
Danno dovuto alla diagnosi precoce di un tumore della prostata.
Danni dovuti allo screening
Rischio connesso alla flebotomia ed all’esame d’esplorazione rettale.
I danni dovuti alla flebotomia per il test del PSA è naturalmente simile a quello correlato a qualsiasi prelievo di sangue, quindi lieve. È stato visto in due sperimentazioni che il test della flebotomia porta complicazioni con una percentuale di 26.2 per 10.000 pazienti sottoposti allo screening (principalmente svenimenti, ematomi od ecchimosi) tra i quali tre episodi perdita di coscienza ogni 10.000 test eseguiti.
La più frequente complicazione correlata con l’esplorazione rettale è il disturbo che questa può provocare al paziente che talvolta assume un’importanza significativa e può rappresentare un eventuale ostacolo ad eseguire lo screening. L’esplorazione rettale di per sé può provocare un’emorragia rettale e talvolta episodi di sincope, ma questi effetti secondari sono molto rari. Per concludere nè la flebotomia o il test del PSA, nè di per sé l' esplorazione rettale comportano rischi significativi di danni seri.
Rischi associati con il test del PSA.
Il danno più frequente correlato allo screening del cancro della prostata è dovuto all’ansietà del paziente. In verità vi sono prove deboli basate su studi effettuati con questionari mirati che evidenziano un basso livello d’ansietà associata con il processo di screening del tumore della prostata e con un livello leggermente aumentato di ansietà quando il pazienti devono sottoporsi alla biopsia. Vi sono invece prove evidenti, basate su due studi specifici, che gli uomini con un risultato del PSA falsamente positivo presentano sia a breve che a lungo termine, una forte preoccupazione di essere affetti da tumore, rispetto agli uomini che hanno invece il risultato realmente negativo. Conseguentemente i pazienti con un test falsamente positivo, tendono a sottoporsi più frequentemente a successivi esami e visite rispetto ai pazienti con test chiaramente negativo. Poiché nello screening per il cancro della prostata vi è un’altra incidenza di risultati falsamente positivi, questi effetti collaterali non sono da sottovalutare.
Rischi dovuti alla biopsia
Una biopsia della prostata in genere è eseguita per via transrettale usando una sonda ad ultrasuoni per guidare l’ago della biopsia. In questo modo l’ago attraversa la parete rettale per arrivare nella prostata e prelevare i campioni della parete posteriore prostatica, regione dove si sviluppano la maggior parte delle neoplasie clinicamente significative. I due rischi principali sono l'emorragia e l’infezione. L’ematuria si osserva in circa il 6%-13% dei pazienti, ma il rischio di una grave emorragia che richieda il ricorso alle trasfusioni è basso. Per ridurre il rischio d’emorragia è opportuno interrompere in anticipo un’eventuale terapia anticoagulante. Il rischio d’infezione è dovuto a l’attraversamento della parete del retto verso la prostata da parte del l’ago della biopsia, in ogni caso le infezioni associate a questo procedimento sono raramente gravi da richiedere un’ ospedalizzazione. Per ridurre il rischio d’infezione si consiglia di solito una profilassi antibiotica. La durata ottimale di questa profilassi può essere di un solo giorno, ma le infezioni si possono sviluppare anche dopo un’appropriata terapia antibiotica. La percentuale d’infezioni dell’apparato urinario varia da 0. 3% al 4%, mentre le infezioni gravi hanno una percentuale inferiore al 2%.
Sebbene di solito non venga incluso nella categoria “rischi” uno dei possibili problemi di una biopsia della prostata è l’eventualità che il tumore possa non essere diagnosticato col procedimento bioptico. In uno studio prospettico di oltre 1000 uomini con un livello di PSA > 4.0 ng/mL il 10% dei pazienti che inizialmente presentavano una biopsia negativa, in seguito presentarono un tumore alla prostata nelle successive biopsie. La possibilità di fare una diagnosi di tumore della prostata in seguito a biopsie ripetute, si evidenzia spesso nei pazienti che presentano alcuni fattori di rischio, come una neoplasia intraepiteliale prostatica di alto grado alla prima biopsia, l’ età avanzata, la velocità del PSA. La percentuale di positività in questi gruppi a rischio è due - tre volte più alta che nei pazienti senza questi fattori di rischio. Infine, in alcuni pazienti in cui la biopsia ha identificato una neoplasia di basso grado è sempre possibile che la stessa biopsia non abbia evidenziato in un'altra area un reperto istologico di alto grado.
Diagnosi e trattamenti in eccesso.
Molti uomini affetti da un tumore della prostata muoiono per altre ragioni prima che la loro patologia prostatica diventi clinicamente manifesta. È stato stimato che prima dell’avvento dello screening delle PSA, soltanto il 25% dei tumori della prostata veniva diagnosticato clinicamente. Quindi, il ricorso ad un test di screening così sensibile per la valutazione del tumore della prostata provoca una percentuale significativa di diagnosi ed trattamenti in eccesso, Per il tumore della prostata le diagnosi in eccesso ed i conseguenti trattamenti dovuti allo screening del PSA, hanno contribuito significativamente all’insorgenza di danni iatrogeni ed all’aumento dei costi sanitari connessi.
Per concludere la possibilità di un eccesso di diagnosi è una considerazione importante quando si consigliano i singoli pazienti sui benefici ed i rischi di uno screening del cancro alla prostata, questo è naturalmente altrettanto importante nella programmazione di eventuali screening sulla popolazione. Sebbene la possibilità di diagnosi e trattamenti in eccesso è reale per qualsiasi patologia che venga diagnosticata attraverso un processo di screening, questo è particolarmente problematico per quanto riguarda il tumore della prostata. Ogni possibile beneficio nell’allargare questo screening ad una parte maggiore della popolazione deve essere soppesato contro i danni in termini di probabile incidenza maggiore di diagnosi e di trattamenti in eccesso associati con questa scelta di politica sanitaria.