La storia della medicina non è un modo prettamente accademico di studiare la biologia delle malattie, ma rappresenta uno strumento utile per meglio comprendere l’evoluzione di una singola patologia e di correlarla non solo a fattori genetici ma soprattutto ai fattori ambientali. Questo è vero in particolare nello studio dei tumori, dove la presenza dei fattori ambientali, dei vari carcinogeni e del tipo di dieta può aiutare ad individuare le cause d’insorgenza di una neoplasia e spesso la possibile terapia. La rarità della patologia tumorale riscontrata nei reperti di fossili umani fa presumere che le neoplasie fossero rare nell'antichità e questa osservazione sottolinea il ruolo dei fattori carcinogeni ambientali che rappresentano una delle principali cause di insorgenza dei tumori nella società moderna
I tumori sono la seconda causa di mortalità nei paesi della comunità europea (dopo le malattie del sistema circolatorio) ed incidono per circa il 26% di tutte le morti (2008). Circa 2. 4 milioni di nuovi casi di tumore (escluso le neoplasie cutanee differenti dal melanoma) sono state diagnosticate nella comunità europea nel 2008. Il rischio di sviluppare un tumore prima dell'età di 75 anni è del 26. 5% o di una persona su quattro. Comunque poiché la popolazione europea sta invecchiando si suppone che la percentuale i nuovi casi di neoplasia debba aumentare nei prossimi anni.
Conoscere la storia delle neoplasie nel corso dei secoli presenta vantaggi nella comprensione della malattia stessa, sulle sue cause, sulla patogenesi e sul successivo trattamento. Comunque la valutazione cronologica dell'incidenza dei tumori dei primi reperti fossili, sia animali sia umani, dimostra che nell'antichità questo tipa patologia era molto rara. Le prove della presenza di questa malattia nei secoli scorsi derivano soprattutto da iscrizioni, materiale archeologico e da campioni paleopatologici.
Nella letteratura i pochi reperti sulla presenza dei tumori nell'antichità si basano su un riscontro di difetti o di protuberanze al livello osseo. E’ stato effettuato uno studio accurato su di un totale di 176 su campioni di scheletro di neoplasie, principalmente metastatiche , evidenziate in reperti archeologici. Gli studi istologici di tessuti mummificati e reidratati, hanno permesso la documentazione di neoplasie benigne in particolare da campioni provenienti dall'Egitto e dal Cile. Ultimamente è stato possibile diagnosticare una neoplasia rettale in una mummia egiziana e questo rappresenta la prima diagnosi istologica nella letteratura paleopatologica.
Reperti su animali fossili e sui primi reperti umani.
Quanto è antico il cancro? La presenza di una neoplasia nei fossili animali o nei primati non umani o nei primi reperti umanoidi è molto scarsa. La letteratura scientifica ha fornito dozzine di prove, anche se molto discusse, di reperti tumorali in fossili animali, infine una neoplasia metastatica di origine primitiva sconosciuta, è stata osservata in un fossile di Edmontosaurus. Esistono numerosi reperti che dimostrano la presenza di varie neoplasie nei primati non umani; generalmente, questi reperti non ricordano da vicino i tumori più frequentemente osservati negli esseri umani adulti dell’era moderna. Nello studio su migliaia d’ossa provenienti da campioni fossili dell'uomo di Neanderthal, in Europa, ed in particolare un reperto di un osso del cranio (ritrovato a Stetten, in Germania risalente a circa 35.000 anni prima di Cristo) rappresenta l'unico esempio di una lesione (una nuova formazione ossea) che potrebbe essere riportabile ad una neoplasia probabilmente un meningioma. In un altro caso si descrive un tumore umano nel femore del fossile del primo Homo erectus, scoperto a Java, in Indonesia, all'inizio del ventesimo secolo che probabilmente non rappresenta un tumore, ma una proliferazione ossea benigna, diagnosticata come una miosite ossificante (tessuto osseo che si genera in un tessuto muscolare come risultato di un trauma o di un'emorragia) oppure come un esempio di fluorosi. Generalmente, la rarità di reperti di neoplasie nell'antichità, conferma l’ipotesi che la mortalità precoce, la dieta, i fattori ambientali sostanzialmente influenzano l'incidenza delle neoplasie negli uomini. Comunque altri possibili fattori che possano spiegare la mancanza di prove certe, includono i limiti dei metodi diagnostici utilizzati dai primi studiosi nell'antichità e l'insufficienza di dati per raccogliere una percentuale attendibile di casi di neoplasia tra le popolazioni antiche.
Prove evidenti nell'antichità
La paleopatologia comunque è riuscita a identificare la presenza di neoplasie nei reperti fossili in molte parti del mondo. Comunque esistono due delle prime società umane -gli egiziani e i greci- che rappresentano popolazioni di notevole interesse, poiché hanno tramandato numerosi reperti che forniscono informazioni sulla possibile diagnosi e conseguente trattamento delle neoplasie. L'Egitto in particolare, oltre una ricca eredità di reperti umani, rappresenta un'opportunità unica per studiare la presenza di neoplasie in una società antica. La sopravvivenza di iscrizioni ben preservate, di rappresentazioni artistiche e di campioni paleopatologici, grazie alle favorevoli condizioni ambientali riscontrate nelle tombe dell'antico Egitto. Tutti gli antichi egiziani in qualche modo mi venivano mummificati, o naturalmente grazie all'effetto dei fattori ambientali o per mezzo di procedimenti particolari. Molti studi si sono concentrati sui reperti mummificati di persone sane che erano ricorse alla mummificazione artificiale per preservare i propri corpi e lo studio di questi reperti ed in particolare quello delle persone normalmente sane, rappresentano un campione adeguato per lo studio di un'antica popolazione. Nell'antica Grecia l'evidenza della presenza di neoplasie è ristretta per lo più a fonti letterarie che descrivono ed identificano i sintomi ed indicano il metodo di trattamento. Per fortuna, alcuni testi medici sopravvissuti, possono offrire una veduta non sempre molto accurata dell'incidenza delle varie patologie. Quello che non è appurato è se nell'antico Egitto e nell'antica Grecia, tutte le classi sociali avevano un uguale possibilità di accedere alle cure mediche. Questa differenza potrebbe aver fornito ai medici del tempo, dati inesatti od una conoscenza inadeguata sul reale stato di salute dei vari strati della popolazione e questa situazione si potrebbe riflettere nei documenti medici da loro tramandati.
Letteratura ed arte
Esistono 12 documenti dell'antico Egitto, conosciuti come i papiri medici, che descrivono alcuni principi di fisiologia ed il conseguente trattamento farmaceutico e chirurgico. Il papiro di Ebers che risale al 1538 prima della nascita di Cristo, include una serie di prescrizioni e fornisce la più estesa descrizione di tumefazioni presenta nei papiri medici del tempo. Il modo in cui le varie diagnosi e i conseguenti trattamenti sono organizzati e discussi, suggerisce che questi possano rappresentare i principali elementi di una testo specifico sui tumori, mai rinvenuto. Nel testo si evidenzia come i medici vengano istruiti ad ispezionare le caratteristiche di ciascun tumore, a catalogarli con i rispettivi trattamenti . In verità, le prove dell'esistenza di neoplasie descritte in questi testi sono scarse e molti studiosi moderni hanno interpretato queste dati come semplice descrizione di tumefazioni, ed escrescenze dovute alla lebbra o addirittura a vene varicose. In altre di questi papiri si parla di una non meglio identificata ulcerazione dell'utero ed anche delle mammelle, con la descrizione di come prevenire l'emorragia o le eventuali secrezioni. In un altro testo denominato il papiro di Kahun , viene descritto un altro caso riferito ad una patologia dell'utero, la cui diagnosi si basa sul cattivo odore proveniente probabilmente dalla secrezione vaginale. Sebbene la descrizione sia molto scarsa è possibile immaginare un probabile tumore o comunque un disordine uterino non meglio identificato. L'arte egizia rappresenta una fonte poco attendibile per identificare la presenza di malattie. Infatti, in molte rappresentazioni artistiche o religiose, la famiglia reale ed i vari rappresentanti delle classi sociali elevate, venivano sempre rappresentati come giovani , in buona salute e persino nei casi rari, dove sembra possibile identificare delle tumefazioni o rigonfiamenti, non è possibile riportarli a una specifica patologia.
L'antica Grecia
Numerosi autori hanno descritto il cancro fin dal quindicesimo secolo a.c. ma i testi più recenti ed in particolare lo “Hippocratic Corpus” (dal 410 fino a 360 a.C.) che è attribuito ad Ippocrate il padre della medicina. In questo lavoro la causa di un tumore è identificata in un eccesso di bile nera ipotesi adottata e sviluppata da Galeno nel Pergamum. Ippocrate ha utilizzato le parole "carcinos"e carcinoma per descrivere una varietà di tumori e di rigonfiamenti; secondo Galeno è l'aspetto simile al granchio di alcuni tumori che ha dato origine all'associazione di questo nome con la suddetta patologia. I testi classici di quel periodo descrivono il tumore della mammella come la forma più comune di neoplasia. L'influenza egiziana sulla cultura greca, per quanto riguarda la conoscenza medica generale, è incerta. In ogni modo le prove suggeriscono che i greci furono i primi ad identificare il tumore come una malattia specifica ed a differenza degli egiziani, essi furono i primi a distinguere tra tumore benigno e maligno. Gli studi paleopatologici che sostengono la bassa incidenza dei tumori nell'antichità, sono supportati dalle prove provenienti dalla letteratura dell'antico Egitto, in cui ci sono pochi riferimenti a questa particolare patologia. Nella letteratura greca invece il riferimento ai tumori fu sicuramente maggiore e si presume che questa patologia fosse stata ampiamente studiata e registrata. Questa differenza potrebbe essere dovuta o ad un reale incremento nell'incidenza delle neoplasie o più probabilmente, ad una aumentata consapevolezza e conoscenza della malattia da parte dei medici dell'antica Grecia.
La paleopatologia
Gli studi effettuati su molti reperti scheletrici dopo mummificazione naturale (per congelamento, disidratazione o per conciatura) o artificialmente sono notevolmente significativi. Esistono decine di migliaia di scheletri che sono stati esaminati, ma soltanto alcuni di questi hanno permesso la diagnosi di un possibile e/o probabile malignità- in base all'aspetto grossolano o alle scansioni radiografiche che hanno evidenziato difetti o tumefazioni delle ossa. In particolare è stata riportata la completa assenza di prove radiologiche di neoplasie in uno studio su 133 mummie. Il tessuto osseo può essere invaso localmente da un tumore ed esistono molti reperti primari di lesioni benigne osservate su campioni fossili di persone risalenti ad epoche antiche. Comunque le metastasi ossee che sono invece un reperto comune nell'era attuale, sono state riscontrate molto raramente nei reperti o nei fossili antichi. Probabilmente le alterazioni che avvengono dopo la morte possono produrre modifiche simili ad una lesione metastatica, come per esempio la formazione di difetti multipli del tessuto osseo. Nella letteratura antica vi sono pochissimi reperti d’osteosarcoma, un tumore primitivo dell'osso. Il tessuto osseo può essere invaso da altri tipi di tumore, come quello dei tessuti molli e da vari tipi di metastasi. Un solo reperto sembra possa essere riportabile ad un melanoma maligno, ma la presunta diagnosi si basava sull'aspetto grossolano della pigmentazione, senza una conferma istologica; in ogni caso questi esempi permangono molto rari.
Il reperto più comunemente riscontrato, consiste in difetti nella massa del tessuto osseo e la diagnosi viene più o meno presunta in base all’aspetto grossolano o solo occasionalmente da scansioni radiologiche. L'istologia è ovviamente impossibile in questi difetti del tessuto osseo( semplici buchi nel tessuto osseo), infine per quanto riguarda le tumefazioni ossee è molto difficile eseguire una dissezione di un fossile d’ osso ed i risultati sono raramente significativi. E’ possibile eseguire l’istologia di un osso grazie alla luce polarizzata, ma questa tecnica sembra utile soltanto nei casi di lesioni proliferative, causate da un deficit vitaminico o da malattie infettive. Con la radiologia è possibile studiare i margini dei difetti ossei ed in questo modo è possibile ricavare delle indicazioni sulla natura della lesione. In genere le lesioni metastatiche mostrano uno scarso o addirittura nessun margine di reazione ossea. L'osteosarcoma che non è un tumore eccezionalmente raro, in genere si manifesta con la produzione di tessuto osseo, si associa con la giovane età, e quest’ultima caratteristica dovrebbe far pensare ad una maggiore incidenza anche nelle popolazioni antiche, ma i materiali archeologici a conferma di ciò, sono molto scarsi. Dal momento il tessuto osseo ha la capacità di intrappolare materiale radioattivo è possibile speculare circa il ruolo delle radiazioni nella causa dei tumori ossei dell'era moderna.
Prove documentarie dalle mummie
Numerosi studi effettuati su centinaia di mummie provenienti da differenti località di tutto il mondo non hanno dato risultati significativi. I tessuti provenienti dalle mummie in genere vengono reidratati con una soluzione di acqua, carbonato di sodio ed alcol assoluto, una tecnica sviluppata all'inizio il ventesimo secolo per studiare istologicamente tessuti mummificati. Questi tessuti in seguito vengono trattati nello stesso modo dei tessuti di pazienti dell’era moderna e vengono preparati dei vetrini per l'esame microscopico. Intorno al 1970 sono stati fatti numerosi studi su popolazioni provenienti da campioni di mummie dell'antico Egitto e di mummie provenienti dal Cile e dal Perù. Questi studi hanno permesso la diagnosi microscopica di numerosi tumori benigni fra cui un papilloma squamoso della mano, un istiocitoma fibroso del piede ed un tumore neurale del sacro. In altri campioni provenienti da altre aree geografiche è stato identificato un lipoma della parete toracica su di una mummia di una ragazza quattordicenne cilena (1100 -1200 dell'era cristiana). Esistono anche delle rare diagnosi istologiche di neoplasie maligne. Una di queste riguarda un tumore abbastanza raro, un rabdomiosarcoma, presente nella guancia destra sotto l'occhio di una mummia cilena della presunta età tra 12 ed 18 mesi, datata intorno al 300 / 600 dell'era cristiana. La diagnosi si basa sull'età della bambina, la localizzazione del tumore, il quadro istologico con presenza di cellule marcatamente pleomorfiche in un tessuto stromale fibroso. In un'altra pubblicazione, si parla di un adenocarcinoma del colon retto in una mummia del quarto / dodicesimo secolo dell'era cristiana che è stato confermato da un test del Dna.
Recentemente è stata fatta anche una diagnosi istologica di un carcinoma del retto in una mummia egiziana del periodo Tolemaico (200-400 era cristiana). Sebbene negli ultimi anni siano stati sviluppati numerosi testi biochimici per la diagnosi dei tumori, come per esempio il PSA o l'antigene carcino-embrionale (CEA), la possibilità che questi test diano dei falsi positivi ,come è avvenuto nel follow-up post terapeutico di alcuni pazienti moderni, ha limitato o addirittura precluso l'uso diagnostico di questi test su materiale mummificato, quindi l'istologia rimane l'unico mezzo per diagnosticare un tumore in questi reperti fossili.
I tumori erano rari nell'antichità?
Si presume che la media di sopravvivenza degli individui nell'antichità possa precludere lo sviluppo di patologie tumorali. Naturalmente non è possibile ricostruire delle tabelle di mortalità per le popolazioni antiche, per la mancanza di studi epidemiologici significativi. Comunque vi sono prove evidenti che per esempio nell'antico Egitto, l'aspettativa di vita media dell'intera popolazione (durante un periodo che va da 4000 anni prima di Cristo fino a 400 anni dell'era cristiana) fosse molto più bassa di quella osservata nella società contemporanea. Le informazioni ricavate sulle caratteristiche di vita fornite dai reperti delle tombe e dalle varie iscrizioni in esse presenti, hanno confermano che la vita media delle classi più ricche oscillava tra i 40 ed i 50 anni, mentre in base agli studi paleopatologici effettuati, la sopravvivenza media scendeva tra i 25 ed i 30 anni negli individui non appartenenti alle classi più elevate. Sebbene nell’antichità, l'aspettativa di vita risultasse statisticamente diminuita in seguito alla mortalità infantile, materna ed alle numerose malattie infettive, molti degli individui di quel periodo riuscirono a raggiungere un età avanzata, sviluppando malattie degenerative come l'arteriosclerosi, la malattia di Paget dell'osso e l'artrite.
Infine i tumori primitivi dell'osso colpiscono soprattutto i giovani e quindi un'incidenza simile dovrebbe essere riscontrata anche nelle popolazioni dell'antichità. Per questo motivo la rarità dei tumori nelle popolazioni antiche può essere il risultato di vari fattori oltre alla semplice aspettativa di vita. Un'altra possibile spiegazione per la rarità nel riscontro di tumori nelle popolazioni antiche si basa sull'ipotesi che i residui tumorali col passare del tempo, possono non essere ben preservati; in ogni caso studi sperimentali hanno dimostrato che la mummificazione preserva abbastanza bene le caratteristiche di una neoplasia. Inoltre, nelle società antiche, la mancanza di interventi chirurgici come modalità terapeutica frequente, fa presumere che le neoplasie dovrebbe risultare osservabili con gli studi di paleopatologia nei campioni riscontrati. Sebbene la diagnosi paleopatologica di un tumore presenta molte difficoltà, si presume, in base all'evidenza minima di neoplasie nelle popolazioni antiche, che questa patologia fosse rara nei nostri lontani antenati. Poiché i fattori carcinogeni ambientali sembrano incidere nella eziologia del 75% delle neoplasie umane, la rarità della diagnosi di cancro nelle popolazioni antiche suggerisce che questi fattori sono principalmente concentrati in società caratterizzate da stili di vita moderni come l'uso del tabacco o l'inquinamento dovuto all'industrializzazione.
Il trattamento delle neoplasie.
Nei papiri egiziani vengono descritti molti rimedi per il trattamento dei tumori (fin dall'anno 1825 prima di Cristo) tra i quali ricordiamo l'asportazione con un coltello , le bruciature con un ferro incandescente, le applicazioni topiche di pomate, oltre all’indicazione di non trattare tutte le tumefazioni osservate. Per quanto riguarda il trattamento dei tumori, sui tre casi identificati come possibile neoplasia, riportati nel papiro di Ebers e di Kahun, non vi è nessuna prova che uno di questi trattamenti siano rimasti in uso nell'era moderna. Questo non è valido per altre patologie differenti dalle neoplasie, dove l'efficacia terapeutica è stata dimostrata per quasi 64% di tutti gli ingredienti farmacologici menzionati negli antichi papiri medici egiziani. I greci nei loro scritti sostenevano che il trattamento chirurgico poteva essere utile per le neoplasie superficiali, ma non consigliabile per quelle profonde. Nei trattati di medicina veniva posta molta attenzione alla dieta, alla cura postoperatoria ed alla fisioterapia durante la convalescenza. Si riscontra anche una notevole quantità di informazioni su medicamenti sistemici ed applicazioni topiche, come per esempio le preparazioni con metalli pesanti (principalmente utilizzate per uso esterno).. Come del resto i greci, i romani osservarono che alcuni tumori potevano essere rimossi o con la chirurgia o cauterizzati, non riportando trattamenti medici efficaci. In verità alcuni degli antichi medici osservarono che l'intervento chirurgico talvolta provocava la diffusione della neoplasia e che gli stessi tumori hanno la possibilità di recidivare. Un intervento come la mastectomia per un tumore della mammella fu suggerito come una possibile soluzione, ma nel IX secolo un medico arabo Rhazes, sottolineò che una asportazione inadeguata poteva peggiorare il quadro clinico.
Dal 500 fino al 1500 dell'era cristiana pochi progressi furono osservati nella comprensione della neoplasie che vennero sempre attribuite ad un eccesso di bile nera. In quei secoli le informazioni su tale patologia indicano che la chirurgia e la cauterizzazione venivano applicate ai tumori più piccoli e superficiali, principalmente per facilitare l'emostasi o il trattamento di ulcere e di altre piaghe. Pomate caustiche, di solito a base di arsenico, vennero utilizzate per il controllo di neoplasie più estese. In quegli anni si ricorse alla flebotomia, a rimedi dietetici, a prodotti a base di erbe ed a polvere di granchio o ad altri medicamenti simbolici, senza nessuna prova che questi fossero efficaci. È necessario aspettare il diciassettesimo secolo, quando Wilhelm Fabricus finalmente descrisse in modo adeguato alcune operazioni effettuate sui tumori della mammella e d’altri organi. I primi dati attendibili nella letteratura scientifica sullo studio di differenti tumori sono stati effettuati soltanto negli ultimi 200 anni. I primi esempi risalgono agli studi sulle neoplasie dello scroto negli spazzacamini che risalgono al 1775, o al tumore delle mucose nasali del 1761 ed alla descrizione della malattia di Hodgkin nel 1832.
Conclusioni
Si spera che la ricerca in campo paleopatologico possa contribuire a spiegare la patogenesi del cancro. La pubblicazione di una prima diagnosi istologica di una neoplasia, evidenziata in una mummia egiziana, sembra aver aperto questo nuovo filone di ricerca. Sebbene non possono essere esclusi altri fattori come l'inadeguatezza delle tecniche di diagnosi tumorale, la rarità di queste patologia nell'antichità è fortemente supportata dai dati ricavati dalla letteratura e dai campioni paleopatologici. L'ipotesi più accreditata della differenze incidenza rispetto all'era moderna è la presenza in quest'ultima di un elevato numero di fattori ambientali carcinogeni. Il cancro sicuramente era presente nelle popolazioni antiche, come d'altra parte osservato dagli studiosi, ma la rarità di questa patologia nel corso dei secoli, in base a riscontri su un decine di migliaia di reperti scheletrici e su migliaia di mummie, confermano l'ipotesi che la maggior parte dei tumori osservate nella popolazione moderna sono dovuti a fattori legati alla mano dell’uomo.
http://www.nature.com/nrc/journal/v10/n10/absl/nrc2914.html
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