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Panorama sulla salute - Europa 2010

Lunedì 17 Gennaio 2011 10:40 I Paesi Europei hanno fatto progressi importanti nel campo della salute nel corso degli ultimi decenni. Nei Paesi dell’Unione Europea, la speranza di vita alla nascita è aumentata di 6 anni dal 1980 a oggi, mentre la mortalità precoce è fortemente diminuita. Se il miglioramento delle condizioni di vita e […]
Lunedì 17 Gennaio 2011 10:40

I Paesi Europei hanno fatto progressi importanti nel campo della salute nel corso degli ultimi decenni. Nei Paesi dell’Unione Europea, la speranza di vita alla nascita è aumentata di 6 anni dal 1980 a oggi, mentre la mortalità precoce è fortemente diminuita. Se il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, così come alcuni comportamenti correlati alla salute, hanno certamente il ruolo principale nella crescita della longevità, tuttavia anche i progressi in campo medico hanno contribuito significativamente al risultato. I sistemi sanitari nei paesi europei occupano un posto sempre più importante e le spese dedicate alla salute pubblica non sono mai state così elevate e rappresentano una percentuale via via crescente del  PIL.

Questa edizione di “Panorama sulla salute: Europa 2010”  è frutto della costante collaborazione tra l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OECD ovvero OCDE con acronimo inglese o francese).

L’analisi riguarda i 27 paesi membri dell’UE e l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia.

Gli indicatori selezionati sono stati estratti dagli indicatori fissati dalla Comunità Europea (ECHI – European Community Health Indicators), scartando o adattando quelli con dati mancanti o incompleti.

Lo studio mostra che ci sono forti differenze tra un paese e l’altro e, se possibile, propone delle spiegazioni. 

 Speranza di vita

  • Nei paesi UE la speranza di vita alla nascita si è allungata di 6 anni dal 1980 a oggi. In media è 74,3 anni per gli uomini e 80,8 anni per le donne. La Francia ha la speranza di vita alla nascita per le donne più elevata (84,4 anni) mentre per gli uomini è la Svezia con 78,8 anni. La Romania ha il minimo per le donne con 76,2 anni e la Lituania per gli uomini con 65,1 anni. Lo scarto tra il paese con la speranza di vita maggiore e quello con il minimo è 8 anni per le donne e 14 anni per gli uomini.
  • È importante sapere se l’allungamento della vita corrisponde a un allungamento della vita in buona salute per le evidenti ripercussioni sul sistema sanitario e sulle lungo-degenze. La definizione utilizzata nello studio è che la speranza di vita in buona salute corrisponde al numero di anni di vita durante i quali l’individuo non è limitato nello svolgimento delle attività quotidiane né da malattie né da problemi di salute. Il valore medio della speranza di vita in buona salute è 61,3 per le donne e 60,1 per gli uomini. È interessante notare che lo scarto tra donne e uomini si riduce notevolmente rispetto alla speranza di vita e cioè le donne hanno statisticamente lunghi periodi di vita con limitazioni alle attività quotidiane. Malta ha il valore migliore per la speranza di vita in buona salute alla nascita sia per gli uomini che per le donne, mentre la Lettonia ha il valore peggiore per le donne e l’Estonia per gli uomini.
  • Anche la speranza di vita a 65 anni è notevolmente aumentata con una media di 15,9 anni per gli uomini e 19,5 per le donne. La Francia ha i valori più elevati sia per gli uomini (18,1 ) che per le donne (22,6 ), mentre la Lettonia ha il valore minimo per gli uomini (12,7) e la Bulgaria per le donne (16,3)
  • Come per la speranza di vita alla nascita, anche per la speranza di vita a 65 anni i valori attesi per la vita in buona salute presentano scarti molto più ridotti tra uomini e donne con un leggero vantaggio per gli uomini con 8,4 anni contro 8,1.
  • È difficile stimare il contributo di tutti i fattori medicali e non che possono influenzare la speranza di vita (in buona salute) . In generale un reddito elevato è associato a una speranza di vita elevata, anche se superate certe soglie sembra che l’influenza del reddito perda progressivamente di valore.

Evoluzione dei fattori di rischio

  • Numerosi paesi hanno fatto importanti progressi nella lotta al tabagismo che, tuttavia, resta una delle cause principali di morte precoce. In Svezia e in Islanda meno del 18% degli adulti fuma abitualmente, contro più del 30% nel 1980. Per contro in Grecia circa il 40% degli adulti fuma quotidianamente e in Bulgaria, Irlanda e Paesi Bassi si registrano tassi altrettanto elevati.
  • Il consumo di alcool è ugualmente diminuito in molti paesi rispetto a 30 anni fa. Le limitazioni sulla pubblicità e sulla vendita e l’aumento delle tasse si sono rivelati strumenti efficaci per ridurre il consumo di alcool. Anche i paesi produttori di vino come l’Italia, la Francia e la Spagna hanno registrato una significativa riduzione di consumo pro capite; viceversa il consumo è fortemente aumentato nel Regno Unito, in Irlanda e in alcuni paesi nordici.
  • Più della metà della popolazione europea è in condizioni di sovrappeso o di obesità. La prevalenza dell’obesità – che evidentemente presenta rischi maggiori rispetto al semplice sovrappeso – è meno del 10% in Romania, in Svizzera e in Italia, ma supera il 20% in UK, Irlanda, Malta e Islanda. Nella media il 15,5% della popolazione adulta europea è obesa.
  • Il tasso di obesità è più che raddoppiato negli ultimi 20 anni nella maggioranza dei paesi per i quali sono disponibili i dati. Il fenomeno è indipendente dal tasso di obesità; per esempio è più che raddoppiato in UK e Olanda, ma in Olanda resta a valori che sono circa la metà di quelli riscontrabili in UK.
  • L’obesità è associata ai rischi di malattia cronica con un impatto particolarmente forte sulle spese per la sanità. Uno studio inglese prevede una crescita della spesa per sovrappeso e obesità del 70% dal 2007 al 2015 e fino a 2,4 volte entro il 2025.

Penuria di personale medico

  • Numerosi paesi lamentano una penuria di professionisti; la Turchia è il paese con il livello più basso di medici per abitante seguito da Polonia e Romania, ma anche UK e Finlandia hanno dei livelli bassi.
  • Dal 2000 il numero di medici per abitante è aumentato in tutti i paesi europei con l’eccezione della Slovacchia. Mediamente è passato da 3 medici per 1000 abitanti nel 2000 a 3,3 nel 2008, con aumenti particolarmente elevati in Irlanda (+50%) e in UK (da 2 a 2,6 medici per 1000 abitanti) anche ricorrendo a medici formati all’estero.
  • Per contro il numero di medici per abitante è restato sostanzialmente invariato dal 2000 in Francia e in Italia. Dopo una riduzione delle iscrizioni alle facoltà di medicina negli anni 80 e 90, in Italia, dopo avere raggiunto il massimo nel 2002, il numero di medici sta diminuendo. In Francia il massimo è stato raggiunto nel 2005 e la diminuzione dovrebbe essere ottenuta nei prossimi 10 anni.
    Nella quasi totalità dei paesi i medici specialisti sono cresciuti ben più dei generici e, in effetti, gli specialisti sono spesso più dei generici. Molti paesi stanno affrontando il problema per evitare che le cure di base non siano sufficientemente presidiate.
  • Quasi tutti i paesi europei hanno carenza di infermieri. Gli infermieri  stanno acquistando un ruolo sempre di maggiore rilevanza non solo nell’ambito ospedaliero o degli hospice ma anche per la cura dei malati cronici e soprattutto per le cure a domicilio. Nel 2008 Finlandia, Islanda, Irlanda e Svizzera avevano circa 15 infermieri per 1000 abitanti; Danimarca e Norvegia poco meno, mentre Turchia, Grecia, Bulgaria e Cipro hanno meno di 5 infermieri per 1000 abitanti.
  • Dal 2000 il numero di infermieri è aumentato in tutti i paesi europei, a eccezione di Lituania e Slovacchia. L’aumento è stato particolarmente importante in Portogallo, Spagna, Francia e Svizzera.

L’aumento della spesa sanitaria

  • La spesa sanitaria è cresciuta in tutti i paesi europei a un ritmo superiore della crescita economica. Nel 2008 in media la spesa sanitaria è stata pari all’8,3% del PIL contro il 7,3% del 1998. Tuttavia la percentuale del PIL allocata alla spesa sanitaria varia notevolmente da paese a paese con un valore inferiore al 6% a Cipro e in Romania e superiore al 10% in Francia, Svizzera, Germania e Austria.
  • In alcuni paesi la recente crisi con la diminuzione del PIL ha visto crescere la percentuale di PIL dedicato alla sanità, ma, evidentemente, il valore assoluto della spesa non è aumentato di conseguenza; ad esempio in Irlanda si è passati dal 7,5% all’8,7% e in Spagna dall’8,4% al 9%.
  • Nel 2008 la Norvegia era il paese con la spesa pro capite più elevata (4.300 euro), seguita da Svizzera, Lussemburgo e Austria. La maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale o del Nord hanno spese pro capite dell’ordine di 2.500 – 3.500 euro superiori alla media UE, mentre i paesi dell’Europa meridionale e orientale (Turchia, Romania, Bulgaria, Polonia e Ungheria) hanno valori inferiori alla media
  • La spesa sanitaria è in generale correlata con il PIL anche se in alcuni casi paesi con PIL equivalente hanno spese sanitarie diverse. Ad esempio Spagna e Francia che hanno un PIL circa equivalente hanno una differenza del 20% (a vantaggio della Francia) sulle spese sanitarie.
  • A volte ci si lamenta che la spesa sanitaria è tutta dedicata alla cura e molto poco alla prevenzione delle malattie. E in effetti mediamente nei paesi europei solo il 3% della spesa sanitaria è dedicata alla prevenzione.
  • Il finanziamento della spesa sanitaria è tipicamente compito del settore pubblico con una media del 75% delle spese finanziato con fondi pubblici; in alcuni paesi (UK, Lussemburgo, repubblica Ceca, Paesi Nordici, Romania) il finanziamento pubblico raggiunge l’80%
    I finanziamenti privati variano molto da paese a paese con una media del 3 – 4% a carico delle assicurazioni private; con alcune eccezioni per esempio in Germania per alcune categorie di lavoratori e in Francia dove l’assicurazione malattie copre il 13% della spesa.
  • La necessità di alcuni paesi di ridurre le spese comporterà di fatto anche tagli alla spesa sanitaria. L’obiettivo cui lavora l’OCSE in accordo con la Commissione Europea è di raggiungere questi obiettivi di riduzione con un aumento di efficienza piuttosto che con una riduzione di prestazioni; efficienza raggiungibile soprattutto con una più rigorosa valutazione clinica, con le nuove tecnologie specialmente nel campo dell’informazione e della comunicazione (eHealth o telemedicina, come diciamo in italiano, con un termine un po’ più restrittivo)

 http://dx.doi.org/10.1787/health_glance-2010-en

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