Un’ultima pubblicazione, uscita con Il Sole 24 Ore, con la consulenza dell’Omceo1, ha tracciato un quadro a tinte fosche della situazione sociale italiana.
L’impoverimento crescente della popolazione (dati ISTAT2) ha provocato un aumento delle diseguaglianze economiche in generale, che incide fortemente sull’aderenza alle cure dei pazienti stessi. In questa pubblicazione è stato osservato un continuo incremento da parte delle fasce più deboli della popolazione a rinunciare sia a farmaci sia ad assistenza a domicilio, con conseguente incremento di malattie importanti, soprattutto patologie croniche quali il diabete o le malattie oncologiche. Secondo questa ricerca, basata sull’ osservazione dei medici delle cure primarie, che sono i primi a confrontarsi con le scelte principali dei propri pazienti in ambito sanitario, nell’80% delle interviste, i medici hanno riscontrato una costante rinuncia, in prima battuta, all’utilizzo dei farmaci, in particolare per terapie salvavita nel 74% del campione, nel seguire terapie essenziali nel 40% dei casi e nella riduzione d’indagine diagnostiche nel 36% degli intervistati. L’indagine evidenzia anche una continua rinuncia al ricorso all’assistenza domiciliare 22% dei casi, e in particolare negli stili di vita si osserva una rinuncia a un’alimentazione sana, 13% dei casi e a praticare un’ attività fisica. I più colpiti in questa situazione sono gli adulti (42% dei casi) e gli anziani (47% dei casi). Secondo i medici delle cure primarie si è osservata, in conseguenza dell’impoverimento della popolazione, una minore attenzione alla prevenzione con diffusione di malattie oncologiche, patologie infettive, diabete, mettendo a rischio in prospettiva la salute pubblica.
Secondo il sondaggio CGM Health Monitor in collaborazione Compugroup Medical Italia e Omceo di Bari, pubblicato dal Sole 24 Ore Sanità, ad aggravare la situazione è anche il fenomeno dell’immigrazione. Negli ultimi cinque anni gli immigrati classificati come STP (Straniero temporaneamente presente) sono aumentati di quasi il 50% con un quadro epidemiologico che evidenzia un incremento di malattie dermatologiche, patologie infettive e in prospettiva patologie croniche. Per capire a fondo questa situazione bisogna fare riferimento ai dati dell’ISTAT2, pubblicati nel 2015, dove si evidenzia che gli italiani poveri sono più di sette milioni, e quattro milioni vivono in assoluta povertà con gravi difficoltà e non possono acquistare il minimo indispensabile per vivere; naturalmente c’e’ una forte differenziazione tra Nord, centro e mezzogiorno, dove questa percentuale e’ doppia. E’ evidente che nelle famiglie con stranieri la percentuale di povertà è maggiore rispetto a quelle italiane, nel mezzogiorno questa percentuale e tripla. E’ importante rilevare che l’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare del titolo di studio; nel caso d’individui con diploma l’incidenza è del 3,2%, mentre per coloro che hanno la licenza elementare, la percentuale sale a 8,4%. Il rapporto tra povertà e aspetti sanitari della popolazione viene in generale sottovalutato nella programmazione degli interventi sanitari e nella scelta dei modi di assistenza dove in molte situazioni non è preso in considerazione il rapporto stretto tra questi due aspetti.
A peggiorare questo quadro interviene anche il livello di analfabetismo della popolazione italiana. Secondo OCSE il 47% degli italiani presenta un analfabetismo funzionale, con il termine analfabetismo funzionale 3 si designa l’incapacità dell’individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura , scrittura e capacità di calcolo e astrazione nelle situazioni di vita quotidiana. Un’analfabeta di questo tipo sa leggere e scrivere il suo nome, probabilmente utilizza anche i nuovi strumenti come Facebook, e quindi sembrare apparentemente autonomo, ma il piu’ delle volte non capisce i termini di una polizza assicurativa, non capisce il senso di un articolo di un giornale, o di interpretare un grafico. In breve un analfabeta funzionale, non è capace di leggere e comprendere la società complessa nella quale vive.
Infine, ed e’ forse uno degli aspetti fondamentali delle future scelte in campo sanitario, esiste il problema dell’invecchiamento della popolazione4, per dare velocemente alcuni dati in Italia: i bambini fino a quattordici anni rappresentano 13,7% dell’intera popolazione, chi ha tra quindici e sessantaquattro anni sono il 64,3% del totale e gli over sessantacinque rappresentano il 22% della popolazione. Inoltre un altro dato significativo In Italia ci sono più di 24 milioni di famiglie (24.611.766, ), ma più del 30 per cento è formato da una sola persona (7.667.305), ed a Roma gli Anziani soli sono oltre 400.0005.
E’ evidente che la considerazione di tutti questi fattori ci porta a guardare da un punto di vista particolare la medicina in generale. Già nel diciannovesimo secolo era stata rilevata l’importanza della relazione tra società e malattie, e quest’ambito fu appunto denominata “Medicina Sociale”. Nel corso del tempo questo termine ha assunto differenti significati adattandosi a società diverse e condizioni sociali non omogenee. Non di meno sotto il termine Medicina Sociale , possiamo i individuare tre aspetti fondamentali:
Partendo da questa prospettiva è evidente che diventa necessario non solo valutare i dati epidemiologici della società in cui viviamo, ma incrociarli necessariamente con i dati sociali, economici e culturali, del singolo individuo o gruppi di pazienti, in modo da programmare interventi il più possibile efficaci. Ad esempio: un sistema sanitario che vuole programmare servizi per l’intera popolazione deve assolutamente prendere in considerazione la quota di immigrati, che è ormai il 10% dell’intera popolazione. Allo stesso tempo un programma di prevenzione e educazione sanitaria che non tenga conto della percentuale di analfabetismo funzionale (47% degli italiani), significa andare incontro a un insuccesso per un’alta percentuale dei pazienti, cui è rivolta questa campagna. Da un punto di visto socio-economico un’ individuo che appartiene a quella percentuale di pazienti poveri, che tendono o ad autoescludersi per motivi economici da alcuni servizi sanitari (farmaci e assistenza domiciliare), o ad utilizzarli in modo incongruo (accessi al pronto soccorso), necessita di una programmazione sanitari specifica che tenga conto delle difficoltà della vita quotidiana di questi pazienti6.
Infine un intervento che preveda lo sviluppo di migliori stili di vita o alimentazione che non tenga conto delle differenze culturali, religiose di alcuni settori della popolazione, o si dimostrerà inefficace o comunque escluderà tutti quelli che non rappresentano il gruppo omogeneo sul quale è stato tarato l’intervento.
Per ultimo, ma altrettanto importante, è opportuno prendere in considerazione in ambito sanitario l’impatto delle nuove tecnologie, in altre parole quella che è chiamata “e-medicine”7. Come vedrete affronteremo il problema della cosiddetta “medicina sul web”, che ormai caratterizza l’interazione tra il singolo individuo e l’informazione medica e l’utilizzo dei servizi in ambito sanitario. Per questo motivo sul nostro sito della Ryder Italia Onlus, saranno pubblicati articoli correlati a problematiche di questa nuova medicina, con esperienze riscontrate in ambito nazionale e internazionale.
Bibliografia:
1 Pazienti, la grande fuga dalle cure. Il Sole 24 Ore - Sanità, del 5-11 Aprile 2016
2 Povertà in Italia, per l’Istat ci sono oltre sette milioni di poveri di cui quattro milioni in povertà assoluta. Huffington Post 15/07/2015
3 Analfabetismo funzionale, gli italiani al primo posto della classifica mondiale. ItalyJournal 25/08/2015
4 Italia sempre più vecchia. ItalyJournal 17/03/2016
5.http://www.vita.it/it/article/2014/07/30/istat-ecco-come-cambia-la-famiglia-italiana/127635/
6. Candace D. Et al, Low Numeracy is Associated With Increased Odds of 30-Day Emergency Department or Hospital Recidivism for Patients With Acute Heart Failure. Circulation: Hearth Failure 2013; 6: 40-46.
7. Patient Heal Thyself, How the New Medicine puts the patient in charge. R.M. Veatch