Abbiamo già parlato dello studio effettuato dall’Università di Harvard sul rapporto tra pratiche religiose e salute, argomento che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione di molti studiosi. Su questo tema esistono due libri dello psichiatra americano Harold G. Koenig, Direttore del Centro per la Spiritualità, la Teologia e la Salute della Duke University.
Lo stesso Koenig ha pubblicato nel 2012 un lungo articolo (http://www.hindawi.com/journals/isrn/2012/278730/) sui rapporti tra religione e salute mentale e, più in generale, tra religione e salute fisica.
Cosa afferma il dottor Koenig ?
Per facilitare la lettura utilizzeremo i termini religiosità e spiritualità in modo intercambiabile. La religione è quell’insieme di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l’essere umano, o una comunità, nell’esperienza di ciò che viene considerato sacro, in modo speciale con la divinità, ma è anche quell’insieme di contenuti, riti, rappresentazioni che entrano a far parte di un determinato culto religioso che in genere coinvolge credenze, pratiche e rituali legati ad un essere trascendente (Dio, Allah, ecc). Le religioni hanno credenze specifiche sulla vita dopo la morte, forniscono regole sulla condotta all’interno di un gruppo sociale, comprendono credenze, comportamenti, riti e cerimonie derivate da tradizioni consolidate che si sono sviluppate all’interno di una comunità per favorire la responsabilità nella convivenza all’interno di una comunità. Per spiritualità si intende a grande linee tutto ciò che ha a che fare con lo Spirito e si basa sul concetto che oltre alla materia tangibile esiste un livello spirituale di esistenza che può anche includere la fede in poteri soprannaturali ma sempre con una predominanza del valore personale dell’esperienza spirituale. Quando parliamo della spiritualità di una persona non intendiamo quindi necessariamente la sua pratica di una religione ma, più in generale, del suo approccio alla vita.
Religione, medicina e salute di una popolazione sono sempre state tra loro intrecciate sin dall’inizio dell’umanità. Nel ‘900 in particolare, lo sviluppo della medicina ha favorito la separazione di un percorso comune, soprattutto nei paesi sviluppati, mentre l’interazione di questi tre ambiti è rimasta in parte evidente nei paesi in via di sviluppo dove l’influenza reciproca dei vari settori caratterizza molte delle società nel Terzo mondo. Nella storia sociale dell’Occidente le influenze reciproche tra religione, medicina e salute di una popolazione hanno rappresentato un aspetto di estrema importanza nell’evoluzione della società. In particolare, in Europa, i primi ospedali furono aperti e gestiti da organizzazioni religiose. Dal Medioevo fino alla rivoluzione francese, i medici erano quasi sempre uomini del clero e le istituzioni religiose erano per lo più responsabili nella preparazione e nella certificazione dei medici del tempo.
In Occidente la cura per le persone con disturbi mentali ha avuto le sue radici all’interno di monasteri e comunità religiose. Il primo manicomio in Europa fu costruito a Londra nel 1247 dal Priorato Santa Maria di Betlemme.
Nel corso degli anni la gestione di molte di queste strutture passò ad istituti secolari e provocò un peggioramento delle strutture di assistenza: i pazienti erano spesso incatenati o sottomessi a percosse fino a quando, in Inghilterra, in risposta agli abusi negli ospedali psichiatrici, un mercante inglese quacchero di nome William Tuke iniziò una nuova forma di trattamento denominato “trattamento morale”. Questa forma di terapia fu portata anche nelle colonie americane dove è diventata la forma dominante nelle cure psichiatriche in America.
Furono quindi i quaccheri ovvero i fedeli di un movimento cristiano nato in Inghilterra e appartenente al calvinismo puritano (caratterizzato da pratiche religiose molto rigide) a fondare opere filantropiche in appoggio ai sistemi primitivi di assistenza di quel periodo. Questa relazione tra ordini religiosi e assistenza psichiatrica cominciò a rompersi alla fine dell’800, in particolare con Freud. Attraverso i suoi scritti Freud ha influenzato notevolmente la pratica della psichiatria e della psicoterapia provocando un vero e propria scisma tra la religione e la cura delle malattie mentali.
Questa separazione tra aspetti religiosi e terapia ufficiale è continuata fino ai giorni nostri e si evidenzia attualmente nel lavoro clinico di molti professionisti nel campo psichiatrico, i quali, in genere, ignorano gli aspetti religiosi dei pazienti o addirittura li considerano come elementi patologici.
Secondo un recente sondaggio americano effettuato su un numero elevato di psichiatri, il 56% degli psichiatri non s’informa mai o solo raramente sulle attitudini spirituali o religiose dei pazienti affetti da depressione o ansia. C’è una profonda resistenza da parte di questi specialisti ad effettuare ricerche su religione, spiritualità e salute mentale.
Nonostante le opinioni negative di alcune settori della medicina ufficiale, la ricerca dei rapporti tra religione e/o spiritualità e salute in generale è in continua espansione in molti paesi e avviene per lo più al di fuori del campo della psichiatria, più frequentemente nel campo della medicina, nel campo infermieristico, nel settore della riabilitazione fisica, in campo sociale, in ambito psicologico e sociologico. Il rapporto tra religione e/o spiritualità ed etnie o culture differenti è ormai oggetto di studio. Esiste quindi una notevole letteratura in tutte le scienze mediche, sociali e comportamentali.
Questa crescente serie di studi ha evidenziato che l’aspetto religioso e/o spirituale può influenzare la salute mentale attraverso differenti meccanismi. Tale atteggiamento fornisce alle persone le risorse idonee a far fronte allo stress, ad aumentare la qualità delle emozioni positive e diminuisce la probabilità che fattori stressanti si traducano in un quadro di depressione, ansia, tendenza al suicidio e abuso di farmaci. Queste risorse sono la conseguenza di valori molto forti tipici di un atteggiamento religioso/spirituale. L’atteggiamento religioso fornisce una visione del mondo ottimista che accetta l’esistenza di una forza trascendente (Dio, Allah, ecc) preoccupata per gli esseri umani e sensibile alle loro esigenze. Ciò permette alle persone di avere un maggior controllo sugli aspetti della vita o sulle varie circostanze che possono essere influenzate dalla preghiera o da attività prettamente spirituali. Le credenze religiose forniscono risposte soddisfacenti a domande come “da dove veniamo, perché siamo qui e dove stiamo andando” riducendo notevolmente l’angoscia esistenziale. Le credenze religiose aiutano a sopportare le perdite nelle fasi difficili della vita e forniscono modelli di comportamento per le persone che soffrono di problematiche simili. Tutti questi valori spirituali influiscono quindi positivamente sulla percezione degli eventi negativi della vita rendendoli meno dolorosi.
La maggior parte delle religioni ha norme e regolamenti sulle modalità della vita e su come trattare gli altri all’interno di un gruppo sociale. Quando gli individui rispettano tali norme e regolamenti si riduce la probabilità di eventi di vita stressanti che trasformano emozioni positive in negative. Non è un caso che un atteggiamento religioso possa aiutare le persone ad evitare il divorzio, la separazione e le difficoltà nella crescita e nell’educazione dei figli ed a gestire lo stress dovuto a condizioni finanziare difficili o a malattie. Le comunità religiose di solito scoraggiano l’uso di droghe, quantità eccessive di alcool che possono provocare comportamenti criminali spesso associati a conseguenze sulla salute mentale. La maggior parte delle religioni o degli atteggiamenti spirituali nei riguardi della vita enfatizzano i rapporti di amore, di compassione e d’altruismo e tendono ad incoraggiare eventi sociali comuni. Offrendo così un supporto umano, in particolare nei momenti difficili della vita, contribuiscono a ridurre lo stress. Poiché i valori religiosi e spirituali incoraggiano l’atteggiamento di apertura verso gli altri, l’impegno in attività di volontariato è utile ad aumentare le emozioni positive e a ridimensionare le problematiche della propria esistenza. Un atteggiamento religioso e/spirituale promuove le virtù umane, l’onestà e il perdono, la gratitudine, la pazienza e l’affidabilità, tutti aspetti che aiutano a mantenere e a migliorare le relazioni sociali, aumentando le emozioni positive e neutralizzando quelle negative.
È quindi evidente che molti sono i meccanismi attraverso i quali gli aspetti religiosi o un’attitudine spirituale possono migliorare la salute mentale e/o sociale del singolo o di un gruppo sociale.
Purtroppo è vero anche che alcune religioni hanno spesso travisato i valori positivi che abbiamo descritti a favore di odio, aggressività, pregiudizi ed esclusione verso gli altri, spesso per acquisire potere e controllo su persone psicologicamente vulnerabili.
È quello che può accadere nelle sette in cui gli aspetti religiosi e spirituali rischiano di assumere una valenza eccessiva e sconvolgere l’approccio religioso e/o spirituale, con spesso gravi effetti negativi sulla salute delle persone coinvolte.
La separazione tra religione/spiritualità e medicina/salute si è accompagnata ad un incremento di varie patologie considerate critiche nei sistemi sanitari, per esempio la depressione in continuo aumento o l’uso delle droghe tra i giovani.
L’aspetto più preoccupante è la scarsa presa in considerazione da parte del personale sanitario delle risorse spirituali innate nella cultura dell’umanità che permettevano un tempo la coesione sociale e il supporto alle persone psicologicamente deboli. Questa progressiva autonomia della società e della vita culturale di uno Stato dall’influenza delle religioni, generalmente definita “secolarizzazione”, può essere vista come un aspetto di modernità e di emancipazione ma può anche essere considerato come un processo negativo che ridimensiona gli aspetti sacri e spirituali dell’essere umano, considerati invece molto importanti per la salute in generale.
Non è un caso se, in particolare in America, in Brasile e in Inghilterra, le Università in campo medico e infermieristico stanno introducendo corsi propedeutici a reintrodurre l’aspetto religioso e spirituale nelle varie attività di assistenza.
Questo obiettivo auspicabile in qualsiasi società dovrebbe essere perseguito in modo serio, soprattutto di fronte al processo di globalizzazione delle nostre società, dove la varietà delle culture, delle etnie e delle religioni comporteranno una sfida notevole per i sistemi sanitari.
* “Spirituality in patient care “ H.Koenig
** “Del buon uso della religione” Alain De Botton Ed.Guanda